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Giuseppe Zocchi
Giuseppe Zocchi

Giuseppe Zocchi

(Firenze, 1715 – 1767)

“Veduta ideata di Padova con il Bacchiglione e la Torlonga del Castello di Ezzelino”
“Veduta ideata di Padova con il Castello di Ezzelino”
Fiesole, 1730. Il giovane Giuseppe stava trasportando rena per impastare la calcina, come era solito fare con il padre, in un cantiere della villa che il conte Giulio Cesare della Gherardesca aveva da poco acquistato, quando comparve il marchese Andrea Gerini, esponente di una famiglia nota per la generosità con cui proteggeva e incoraggiava gli artisti. Attratto dai muri che per gioco Giuseppe imbrattava di bei disegni, propose al padre di portare il figlioletto a imparare il mestiere dell’artista alla bottega del pittore Ranieri del Pace. Un incontro che segnò l’inizio di un capitolo significativo nella storia delle arti figurative in Toscana. Protagonista del vedutismo fiorentino ma ricercato altresì come frescante, disegnatore e incisore, Giuseppe Zocchi arricchì la sua carriera anche con illustrazioni di classici latini e molte delle sue opere furono poi incise, da altri e da lui stesso. Nel 1740 si recò a Venezia dove frequentò la bottega calcografica di Giuseppe Wagner, incidendo alcuni paesaggi derivati dai dipinti di Giuseppe Zais. Nella città lagunare Zocchi entrò in contatto con la fiorente produzione locale, ammaliato dall’arte di Marco Ricci, Canaletto e Bernardo Bellotto. Tra la fine del 1743 e il 1744 si trasferì a Milano, dove eseguì alcuni dipinti per il cardinale Giuseppe Pozzobonelli, arcivescovo della città. Successivamente passò a Bologna e nel 1744 raggiunse Roma, completando la formazione con la scoperta dei capricci architettonici e delle vedute di Giovanni Paolo Pannini. Dipinse a Firenze nel palazzo Rinuccini, decorò la galleria Gerini, la villa Serristori e il soffitto del teatro della Pergola.
Rientra nei capolavori del paesista la straordinaria coppia di vedute con capriccio della città di Padova, già nella collezione Aldo Borletti (Milano), dove si trovava quando fu attribuita a Bernardo Bellotto (Venezia, 1721 – Varsavia, 1780) dallo storico dell’arte Stefan Kozakiewicz (1972, II, A 417, A 430). Protagonisti sono il castello Carrarese, che si innalza alla biforcazione del fiume Bacchiglione e l’antica e imponente torre di difesa medievale, risistemata da Ezzelino III da Romano nel XIII secolo per ospitare le prigioni e le sale di tortura destinate ai suoi nemici.
Le opere presentano un particolare interesse scientifico perché offrono l’opportunità di ricostruire per la prima volta il legame di collaborazione tra Zocchi e Bellotto durante il loro soggiorno in terra lombarda. Il nipote del già affermato Canaletto nel 1744 si trovava in Lombardia, dove realizzò - tra le altre - due vedute della campagna raffiguranti Vaprio e Canonica verso Nord (oggi al Metropolitan Museum of Art, New York) e Vaprio e Canonica verso Sud (ora di una collezione privata), commissionate dal conte Antonio Simonetta che, insieme alla moglie, vantava uno dei salotti più frequentati dell’aristocrazia milanese. In entrambe le vedute emerge fortemente l’intervento della mano di Giuseppe Zocchi, espressamente richiesta dal committente in persona.
Veduta ideata di Padova con il Bacchiglione e la Torlonga del Castello di Ezzelino riproduce il quadro di Bellotto oggi custodito al Museo Thyssen – Bornemisza della capitale spagnola, dal quale si differenzia per il formato maggiore (cm 48,5 x 73) e per alcuni dettagli.
Veduta ideata di Padova con il Castello di Ezzelino è in relazione con il disegno di Bellotto conservato nel Kupferstichkabinett di Berlino. Come osservava Kozakiewicz, è molto probabile che di questa composizione esistesse un dipinto del maestro che formava pendant con il quadro di Madrid. Va aggiunto che anche in esso si doveva registrare un intervento collaborativo di Zocchi: l’ipotesi riceve conferma dal nostro dipinto di Zocchi, che si differenzia dal disegno di Bellotto per l’introduzione del brano paesaggistico tra il Castello di Ezzelino e le tre colonne romane a destra, oltre che per la dilatazione della strada in primo piano, sulla quale avanza un carro trainato da un cavallo: sono queste le modifiche probabilmente introdotte da Zocchi nel corrispondente dipinto di Bellotto andato perduto. La straordinaria importanza scientifica della coppia di vedute ideale va di pari passo con lo splendido livello qualitativo che le eleva al rango di capolavori del periodo veneziano e lombardo di Giuseppe Zocchi.

Olio su tela,
cm 90 x 60

Pubblicazione:
D. Succi, Il fiore di Venezia, dipinti dal Seicento all’Ottocento in collezioni private, Leg Edizioni, Gorizia, 2014, pp. 195 – 196, f. 132, 133.

Bibliografia:
A. Tosi, Inventare la realtà. Giuseppe Zocchi e la Toscana del Settecento, Le Monnier, Firenze, 1997.

  • Lun - Ven: 9:00 - 13:00 | 15:00 - 19:00
  • Sab e Dom: escusivamente previo appuntamento

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