Guglielmo Ciardi
Guglielmo Ciardi

Guglielmo Ciardi

(Venezia, 1842 - 1917)

La chiesa di Santa Marta e l'isola di San Giorgio in alga
È il 1863 e al cavalletto c’è un giovane appena ventunenne, Guglielmo Ciardi, all’inizio della sua brillante carriera. Il soggetto del dipinto è una preziosa veduta della chiesa trecentesca di Santa Marta a Venezia, situata all’estremo angolo del sestiere di Dorsoduro. La chiesa oggi è sconsacrata e appare totalmente diversa, vittima di un importante deterioramento e protagonista di svariati interventi di restauro e tentativi di conservazione. Si tratta di un’opera veramente precoce dell’artista, una rara testimonianza superstite e un tassello fondamentale del suo percorso artistico, realizzata nello stesso anno della morte del padre. Guglielmo sta concludendo il suo percorso all’Accademia di Belle Arti di Venezia e per lui sono anni di prezioso apprendistato. L’immagine è sospesa nell’atmosfera crepuscolare, incerta se liberare ancora qualche bagliore aranciato del sole o calare nella notte, già predetta da uno spicchio di luna. In primo piano c’è spazio per un brandello di spiaggia, qualche figura appena accennata, un pescatore sull’imbarcazione e una larga predominanza del mare e del cielo.
La sua formazione prosegue e l’anno successivo si iscrive alla classe di Vedute di paese e di mare, tenuta dal paesaggista padovano Domenico Bresolin (1813 – 1899), uno dei pionieri dell’uso del mezzo fotografico e artefice di un programma di insegnamento stimolante che allontanerà i suoi allievi dalla luce fioca e banale della classe e li condurrà all’aria aperta, a diretto contatto con la natura, dove spazio reale e luce mutevole determinano valore timbrico e variazioni tonali del colore. Nel movimento delle luci, nel corso delle ore, nel cambiamento delle condizioni atmosferiche, nei riflessi che si determinano, il maestro vede che la natura non può essere rinserrata da una linea che la circoscrive, ma questa è mutevole, impossibile da catturare, ferma solo per un attimo, confine impreciso tra due forme, colore cangiante secondo le varianti luminose.
Nel 1968 Guglielmo intraprende un viaggio di un anno per conoscere a fondo la pittura italiana: a Firenze incontra Telemaco Signorini che lo porta a visitare lo studio di Giovanni Fattori e a frequentare il Cafè Michelangelo, luogo prediletto di ritrovo dei giovani pittori rivoluzionari; fa la conoscenza del pittore romano Nino Costa; a Napoli stringe amicizia con Domenico Morelli e Francesco Palizzi; conosce l’opera di Antonio Fontanesi. I rapporti tra i vari pittori italiani si fanno in questi tempi intensi e i reciproci influssi risultano quanto mai proficui. Nella pittura italiana di fine Ottocento torna sotto un altro aspetto il lieto carattere distintivo del bel colore con un timbro nuovo e vivace1.
Guglielmo comprende velocemente le proposte della modernità e attinge da quelle gli strumenti necessari alla rielaborazione dei temi in un linguaggio del tutto personale, con l’esigenza di cercare scorci inediti e minori, periferici e marginali, in controtendenza rispetto alla tradizione accademica che relegava il paesaggio lagunare alle panoramiche ampie del Bacino di San Marco, del Ponte di Rialto o comunque spazi di monumentalità, di storia, di eventi, di trionfi. Ciardi gioca un ruolo fondamentale nel rinnovamento della pittura veneziana e veneta e diventa un paesaggista puro e un grande vedutista, marcando una sensibilità e un linguaggio personale2.
Nel 1894 prende il posto del maestro Domenico Bresolin alla cattedra di Vedute di paese di mare all’Accademia di Belle Arti ed è tra i padri fondatori e membro del comitato ordinatore dell’Esposizione Internazionale sin dalla prima edizione.
Capace di reinventarla cogliendone l’essenza, la natura appare sulla sua tela declinata in molteplici aspetti, selvaggia o intimistica, imponente nelle diverse stagioni o addomesticata in giardini ordinati.
Le riprese di Venezia, in special modo del Canale della Giudecca, palesano la predilezione dell’artista per l’ampiezza spaziale di grande respiro, per un punto di vista appena ribassato e, pur mantenendo un certo rigore nella rappresentazione dal vero, Guglielmo si impegna con grande dedizione nella ricerca delle sottili variazione equoree, luministiche e atmosferiche, che riflettono quella calma delle acque lagunari realizzata con effetti di trasparenza e colori luminosi3.
Il suo nome compare tra i fondatori della nuova stagione della pittura veneziana, il cantore del paesaggio veneto moderno, il traghettatore verso quella pittura d’avanguardia che si aggiorna a contatto con le nuove istanze europee. Inoltre, nessun altro pittore veneziano ha così compiutamente incarnato la duplice anima della cultura veneta, così accentrata su Venezia e sul suo mito, così diffusa nella complessità del paesaggio d’entroterra4.

Guglielmo Ciardi (Venezia, 1842 - 1917)

La chiesa di Santa Marta e l'isola di San Giorgio in alga,
olio su tela, cm 46 x 38
firmato e datato in basso a destra: "G. Ciardi 1863)

Bibliografia:
1. G. Perocco, La pittura veneta dell’Ottocento, F. Fabbri Editori, 1967, pp.18 – 19;
2. I maestri del vero: Guglielmo Ciardi, in Ottocento Veneto, Il trionfo del colore, mostra e catalogo a cura di G. Pavanello, N. Stringa, [Treviso, Casa dei Carraresi, 15 ottobre 2004 – 27 febbraio 2005], Canova, Treviso, 2004, pp. 234 – 246;
3. I Ciardi, Paesaggi e giardini, catalogo della mostra a cura di G. Romanelli, [Conegliano, Palazzo Sarcinelli, 16 febbraio – 23 giugno 2019], Marsilio Editore, Venezia, 2019;
4. Guglielmo Ciardi, Catalogo generale dei dipinti, a cura di N. Stringa, Antiga Edizioni, Treviso, 2007.

  • Lun - Ven: 9:00 - 13:00 | 15:00 - 19:00
  • Sab e Dom: escusivamente previo appuntamento

Seguici su:

 

© 2021 Cecchetto Attilio - p.iva: 04297420269 - Design: F2MLab