Vasi a tromba Imari, Giappone
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Chinoiseries: vento d'Oriente in Laguna

Chinois nella lingua francese significa cinese e il termine chinoiserie si riferisce all’insieme di decorazioni ispirate alla cultura cinese e applicate a ceramiche, tessuti, arredi, opere d’arte e manufatti di lusso.
Questo stile si sviluppò tra il XVII e il XVIII secolo in Europa: l’apertura delle rotte che dalle coste europee portarono a quelle dell’India, e da queste alla Cina, gli assidui scambi commerciali e le frequenti missioni della Chiesa, diedero modo all’arte cinese di diffondersi, nutrendo il mito di un “Oriente esotico”, in cui alle stoffe e alle porcellane si affiancarono le preziose lacche e gli smalti, destinati a ricoprire un ruolo fondamentale nelle soluzioni architettoniche e decorative del tempo.
La richiesta divenne tale da attestare in Cina la produzione di opere destinate esclusivamente all’esportazione, frutto di una sintesi nella forma e nei contenuti tra committenza occidentale e tecniche cinesi, portando alla nascita del fenomeno artistico noto come chinoiserie.
Accanto ad un’importazione autoctona nacque una produzione imitativa locale: architetti europei, decoratori e registi del gusto studiarono le stampe e le incisioni che gli invidiabili esploratori dell’Oriente rimpatriavano; indagarono i regesti e memorizzarono le iconografie finora sconosciute per essere i nuovi allestitori di uno spazio inconsueto e ricercato.
Il successo di questa moda esplosiva, ammaliatrice di tutte le arti, fu alimentato da una sincera volontà di scoperta e di interesse nei confronti del grande impero cinese, che vantava una civiltà antica e saggia, capace di affascinare l’Occidente, incuriosito da una tradizione e da un linguaggio visivo insoliti, attratto da architetture, costumi e usanze ignote.
Gli atteggiamenti delle potenze europee furono diversi. I primi importatori della lacca cinese furono gli Olandesi e i Portoghesi, che la adattarono al gusto e alle necessità occidentali. Si aggiunsero ben presto i Francesi e gli Inglesi.
Anche l’interesse dell’Italia per il Catai fu notevole e, dal periodo Rococò fino al tardo Settecento, il Regno di Sardegna, i Ducati di Parma e Piacenza, il Granducato di Toscana, lo Stato Pontificio e la Repubblica di Venezia ne furono influenzati. In Italia la tendenza non si diffuse capillarmente tra tutte le classi sociali, ma si rivolse principalmente all’interesse dei più facoltosi.
Venezia, sebbene fu da sempre centro cosmopolita di traffici commerciali internazionali, non ebbe una propria compagnia delle Indie. Mentre Portogallo, Olanda, Francia e Inghilterra spingevano i loro vascelli in tutto l’estremo Oriente, Venezia, proprio in un secolo di grande splendore artistico, viveva una tragica decadenza commerciale, complici anche la marineria chiusa nel Mediterraneo e le vie terrestri ostacolate e capitanate dalla potenza ottomana.
Dunque ad oggi non emergono fonti certe di importazioni dirette della lacca cinese a Venezia, ma si suppone che vi sia penetrata per mezzo delle altre potenze europee, quali Francia, Olanda e Portogallo.
La città sull’acqua, con la sua tradizione laica ed autonoma, con una lunga storia di sviluppo culturale, sociale e politico, e grazie alla sua sensibilità per le culture più disparate, seppe dar vita ad una imitazione originale della cineseria, intrecciando la grazia dei motivi decorativi e la sfavillante varietà cromatica delle lacche al brioso movimento degli arredi lagunari.
Artefice della decorazione a chinoiseries fu il «depentòr» veneziano, che privilegiò fondi laccati neri e rossi, su cui riprodurre con inconfondibile spirito satirico figurazioni dorate, lisce o a rilievo. I suoi protagonisti sono eccentrici mandarini dai lunghi baffi spioventi e dal codino nero, in riposo sotto ariosi pergolati o in compagnia di dame, inseguite da premurosi servitori con bizzarri parasole.
A gremire i fianchi dei comò e ad affollare cofanetti, poltrone ed ogni tipo di suppellettile, il depentore, in un’interpretazione volutamente ancorata all’amatissima Venezia e in un’allegra mescolanza del reale con il fantastico, inventò pungenti ed ironiche scene carnevalesche, tratteggiando animali esotici, pappagalli colorati, piccole barchette, pagode inghirlandate di fiori, fumatori d’oppio in groppa a cammelli ed elefanti coperti da gualdrappe ricamate, scimmie dall’espressione maliziosa e principesse tartare somiglianti a damine veneziane.
Le ville e le residenze aristocratiche venete vantano ancor oggi una ricca serie di appartamenti impreziositi dalle chinoiseries di suntuosi pannelli decorativi, collezioni di porcellane e tessuti, ma anche stucchi e affreschi, riflesso della leggiadria e della fantasiosa atmosfera di un secolo allegro e galante. Questa tendenza, commistione di bagagli artistici eterogenei, creò una ricchezza lodevole, conservata nelle sale museali e transitata attraverso i secoli grazie alla passione dei mecenati e dei collezionisti.

Bibliografia:

H. Honour, L’arte della cineseria. La visione del Catai, Sansoni Editore, Firenze, 1963;

F. Morena, Chinoiserie, The Evolution of the Oriental Style in Italy from the 14th Century to the 19th Century, Centro Di, Firenze, 2009;

F. Carletti, Giro del mondo del buon negriero, Milano, Garzanti, 1941.

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Coppia di pannelli in legno laccato con cineserie a tempera e dorate.
Venezia, prima metà del XVIII secolo
cm 91,5 x 70,5

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Trumeau in legno laccato con decorazione a cineserie.
Venezia, Luigi XV (prima metà del XVIII secolo)
cm 104 x 234h x 55

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Grande scatola in legno laccato con decorazione a cineserie.
Venezia, Luigi XIV (inizio del XVIII secolo)
cm 62 x 27h x 52

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Cofanetto in legno laccato con decorazione a cineserie.
Venezia, metà del XVIII secolo

cm 26 x 19h x 12


orologio

 

Orologio a colonna in legno laccato con decorazione a cineserie.
Inghilterra, prima metà del XVIII secolo
cm 48 x 231h x 25

 

 

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Scatola in legno laccato con decorazione a cineserie.
Venezia, metà del XVIII secolo
cm 42 x 9h x 35,5

 

 

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